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Voto disco: 7 / 107
7Overall Score

Data di uscita: 16 aprile 2021

Etichetta: Elektra Records, Warner Music Italy

Continua il periodo florido per il buon Lauro De Marinis, al secolo Achille Lauro. Il 2020 pandemico ha fermato tutti, perfino la Marvel e Woody Allen che ci avevano abituato ad almeno un’uscita l’anno, ma non Achille Lauro. Il 2021 è infatti il quarto anno consecutivo con una sua uscita discografica, con 3 dischi di inediti e due di cover (“1990” e “1920”) dal 2018. La sua carriera, iniziata nel 2014, era immersa nel mondo hip-hop, con anche qualche piccola immersione nella trap. Da qualche anno l’autore veronese ha virato verso atmosfere più pop-punk e indirizzate verso un pubblico più ampio rispetto ai dischi degli esordi, aiutato anche dalle esibizioni sanremesi degli ultimi 3 anni.

Il 2021 è iniziato, nel bene e nel male, nel segno di Achille Lauro, che con la sua partecipazione a tutte le serate del 71° Festival di Sanremo ha catalizzato su di sé l’attenzione del grande pubblico, incollato alla tv tra un esibizione di Orietta Berti e una di Madame, con conseguente e rumorosa critica, positiva e negativa che sia. Performances controverse ma a loro modo interessanti che hanno permesso di ascoltare in diretta tv un super singolo come “Solo Noi”, lanciato come apripista del suo ultimo lavoro intitolato semplicemente “Lauro”. Il ritornello “Salvami te, salvami te…” entra in testa e non esce più, aiutato da una ritmica incalzante che ha nel live un’esaltazione notevole. Il brano “Lauro” ha nell’esplosività electro-rock il suo punto di forza, esattamente come accade anche in “Come me“, meravigliosa ballad radio-friendly che coinvolge ed emoziona come accade pochissime altre volte nell’album. Punti deboli ce ne sono (“Latte+”, “Femmina“, in cui tende ad imitare troppo il Vasco Rossi di qualche anno fa, “Pavone“, hard-rock troppo derivativo), non è un disco perfetto e funziona solo a tratti. Menzione a parte merita “Barrilete cosmico“, dove Achille incontra i Green Day e gli inserisce un testo italiano che non stona affatto.

Nei brani più che orecchiabili e dal ritmo più compassato l’album va che è una meraviglia (qualcuno ha detto “Stupide canzoni d’amore“?), dimostrando un talento che ai più resta nascosto, soprattutto da chi resta annebbiato dalle sue esibizioni e maschere eccessive e fuori da ogni schema. Purtroppo quando prova ad accelerare i ritmi oppure ad inserire coraggiose sperimentazioni il disco si perde in episodi piuttosto trascurabili, ma l’album perfetto non esiste, a meno che non ti chiami Pink Floyd. Un lavoro da 10 pezzi anziché 13 avrebbe avuto una valutazione complessiva diversa, che resta comunque più che positiva.

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