Muse: Origin Of Symmetry, 20 anni fa (2001)
Data di uscita: 17 luglio 2001
Etichetta discografica: Taste Media
Il secondo album dei Muse, uscito ormai 20 anni fa, è tutto ciò che non sono i Muse di adesso. Dal post-2006 sono diventati barocchi, pomposi, alla ricerca di show, colori e sonorità sempre più sperimentali che variano dal rock’n’roll all’elettronica passando per tocchi da discoteca che Matt Bellamy sembra non disdegnare. Agli esordi, e in special modo in questo gioiello, la band del Devon era ancora alla ricerca della propria identità musicale, identità variata più volte nel corso della loro lunga carriera.
Dopo un minimalissimo “Showbiz”, uscito 2 anni prima, che ebbe un buon successo di critica in cui la band fu accostata più volte ai Radiohead, arriva “Origin of Symmetry” e già dall’opening-track “New Born” si capisce che qui i Muse iniziano a fare sul serio. Lo stile va appesantendosi rispetto al disco d’esordio, trovando nella dimensione da stadio la sua collocazione ideale. Le chitarre iniziano ad essere travolgenti e il fatto che per aspettare un calo di ritmo bisogna aspettare la meravigliosa ottava traccia (“Screenager”) fa capire come Bellamy e i suoi compagni avessero le idee abbastanza chiare su cosa fare e come farlo, mettendo in fila sette brani consecutivi in cui non si riesce a prendere un attimo di respiro. Gli assoli di chitarra risultano molto presenti ma a farla da padrone sono riff grintosi che escono dalle casse come un pugno in faccia insieme alla batteria di Howard che spacca le casse in due appena si alza un po’ il volume. “Bliss”, “Space Dementia”, “Citizen Erased” con la sua coda finale da brividi e il super singolo “Plug In Baby” sono classici hard-rock che hanno segnato in maniera incredibile ogni loro concerto da vent’anni a questa parte.
Il successo numerico del disco, per essere un secondo album in cui il gruppo ancora non era al top della notorietà, è stato piuttosto buono. Disco d’oro in Svizzera, disco di Platino in Australia e Regno Unito, posizione numero 1 in classifica in Inghilterra e in Belgio, numero 2 in Francia. A fine giugno 2021, i numeri dello streaming dicono quasi 95 milioni di riproduzioni per la celeberrima cover di “Feeling Good” (travolgente in versione live) e 89 milioni di stream per “Plug In Baby”, numeri per nulla bassi per un disco che ancora oggi suona molto contemporaneo.
Per il decennale di “Showbiz”, nel 2009 fu ripubblicato “Origin Of Symmetry” in vinile per la Warner (cambiando quindi etichetta rispetto all’edizione originale), mentre quest’anno, per il suo ventennale la band ha ripubblicato il disco con versioni rimasterizzate e remixate, inserendo anche la meravigliosa “Futurism”, che in origine era inclusa solamente nella versione giapponese del disco.
Negli ultimi anni i Muse hanno trovato una loro nuova dimensione, fatta di sfarzi, colori, veri e propri spettacoli live che sono molto più di semplici concerti. Praticamente sono diventati l’esatto opposto di ciò che erano agli esordi, mettendo in mostra un percorso di evoluzione stilistica e sonora che pochissimi hanno avuto il coraggio di avere, al costo di perdere fan. Questa evoluzione a Matt Bellamy ha giovato ed ha continuato a mantenere un certo seguito che gli permette di riempire gli stadi e fare sold-out in pochissimo tempo ogni qualvolta viene annunciato un nuovo tour, quindi senza alcun dubbio ha avuto ragione lui.
“Origin Of Symmetry”, che prende il titolo da una teoria esposta nel libro “Hyperspace” del fisico Kaku, resta un disco importantissimo per il rock made in UK ed ha aperto la strada a tantissime indie-band britanniche nate proprio in quegli anni. Pensare che sono passati già 20 anni ci fa sentire piuttosto vecchi, soprattutto per chi 20 anni ce li aveva quando uscì il disco. Ma allo stesso tempo ci deve far sentire felici di aver vissuto appieno l’uscita di un disco all’epoca interessantissimo, e col passare del tempo diventato unico nella loro discografia.