Blanco: Blu Celeste
Data di uscita: 10 Settembre 2021
Etichetta: Universal
Terremoto Blanco. Il suo disco, “Blu celeste“, pubblicato il 10 settembre per Universal, ha provocato una sciame sismico in tutta la scena rap italiana, probabilmente chiudendo in modo definitivo l’era della trap così come l’abbiamo conosciuta cambiando le regole del gioco apprendo, de facto, una nuova era.
Sì perché nel notevole disco d’esordio del nostro – dove curiosamente non è inserita “Mi fai impazzire“, banger dell’estate 2021 – il genere che ha impazzato in modo netto negli ultimi sette anni viene quasi deteriorato, tormentato, rimaneggiato, mutato in inflessioni spiccatamente pop rock, a volte crossover, a volte più punk.
Al centro di tutto, supportata da una produzione di livello curata dal fidato Michelangelo con incursioni di Greg Willen, c’è la scrittura del cantautore, intrisa di tremore adolescenziale, di disperata urgenza e di massima espressione comunicativa che, paradossalmente, vive all’interno del disco di due sezioni distinte e separate.
Negli episodi in cui l’istinto prende il sopravvento, ovvero quelli più a tinte forti, per intenderci l’opening “Mezz’ora di sole“, la title track, “Lucciole” e “David“, la quadra è pressoché perfetta, unica, quasi da capolavoro, di una forza così tanto aggressiva e dirompente da far passare totalmente in secondo piano il resto, dove emerge invece un tipo di approccio più di maniera e, se vogliamo, prevedibile.
“Blu celeste” è quindi potentissimo nei passaggi più intimi, molto meno impattante in quelli più scanzonati o semplicemente movimentati. La penna di Blanco è animalesca, e raggiunge il climax proprio quando riesce a sprigionare in maniera lacerante tutta la sua bestialità, andando giù nell’introspezione, nell’abisso più nero. Non avviene sempre, e forse in realtà è un bene, ma in linea generale la sproporzione tra i due universi appare troppo squilibrata.
A prescindere da tutto, in neanche trentacinque minuti di musica, Blanco scardina tutte le regole possibili del rap, praticamente non rappando mai veramente, ma sciorinando liriche viscerali e di alto livello, spazzando via tutta l’opulenza, tutti i macchinosi tecnicismi del caso, tutti gli inutili stereotipi che hanno capeggiato negli innumerevoli cloni della trap nostrana dopo la seconda rivoluzione firmata dai “Bimbi” (Sfera, Izi, Ghali, Rkomi, Tedua), alzando l’asticella, spostando l’attenzione più in là. Da adesso, nulla sarà come prima.