Mario Venuti: Tropitalia
Data di uscita: 17 settembre 2021
Etichetta: Puntoeacapo/Microclima
Avete presente quando, nel periodo estivo, vi concedete un aperitivo in un locale vista mare, spesso improvvisato e caratterizzato da una qualità delle materie prime non elevatissima? Avete mai fatto caso al sottofondo che spesso accompagna le nostre bevute in contesti del genere? Spesso si tratta di brani liberi da copyright, improbabili cover di pezzi storici come “Somewhere over the rainbow” riproposti in chiave bossa nova con tanto di voce artificiosa suadente perché, Signora mia, ti facciamo pagare un cocktail annacquato 12 euro, ma danari per pagare la SIAE non ce ne sono e mai ce ne saranno. Ecco, a causa di queste esperienze pregresse, potrebbe essere alquanto problematico approcciarsi liberi da pregiudizi a “Tropitalia“, nuovo album di Mario Venuti pubblicato il 17 settembre 2021 per Puntoeacapo/Microclima, salvo poi essere confortati già dal primo ascolto.
Sì perché, nella prima raccolta di cover della sua carriera, il cantautore siracusano compie un piccolo miracolo, ovvero rendere affascinanti delle atmosfere che, giocoforza, nel tempo sono diventate eccessivamente standardizzate e inghiottite nel pericoloso territorio della finta raffinatezza, una volta relegata al jazz con emorragia di scat. Qui infatti la raffinatezza è autentica, e viene sciorinata senza soluzione di continuità nel corso delle undici tracce, in cui il nostro ripercorre la storia del pop italiano con una selecta ben radicata nella tradizione, pochi colpi di scena dunque, ma assolutamente gradevole.
Due sono gli ingredienti che rendono “Tropitalia” un progetto di alto livello: il primo sta tutto nell’ottimo imprinting vocale di Venuti, sempre bellissimo e in questa circostanza particolarmente abile nello spalmarsi coerentemente in epoche differenti mantenendo sempre in primo piano la sua personalità. Il secondo, il più importante, sta nell’arrangiamento, sempre perfetto, calibrato e centrato: dalla samba inaugurale di “Ma che freddo fa” alla cumbia di “Xdono“, passando per le vibrazioni tutte portoghesi di “Voar” (nient’altro che la celebre “Nel blu dipinto di blu“) oltre che per le inflessioni vicine al jazz della sorprendente “Vita“, il capolavoro di Dalla-Morandi.
Spazio anche al tempo di valzer, snocciolato in una splendida “Maledetta primavera“, uno degli episodi più impattanti insieme a “Vivere“, passaggio dell’epoca del ventennio qui riproposto in una versione fresca e colma di vitalità, ciliegina sulla torta di un progetto ad alto rischio sbadiglio che invece, grazie a un lavoro certosino, riesce a coniugare, finalmente in modo non stucchevole e forzato, due mondi all’apparenza lontani, la canzone italiana e il Sudamerica, uniti dalla naturalezza e dalla voglia di fare una musica bella e non da sottofondo. Inaspettato.