Ainè racconta Alchimia: “Adesso la musica viene dopo il mio benessere” [INTERVISTA]
Capire che è arrivato il momento di fermarsi. Rifiatare, quindi ripartire con nuove consapevolezze. Dopo due anni di riflessione è tornato più forte di prima Ainè, pilastro del movimento soul/jazz/r&b italiano che ha ha pubblicato lo scorso 25 novembre per Virgin Records/Universal “Alchimia“, il nuovo EP.
Un progetto discografico di grande bellezza quello pubblicato dal musicista romano, talmente impattante da ricevere all’unanimità pareri positivi da pubblico e critica, complice un’impronta fortemente personale e intima non solo sotto il carattere testuale, ma anche nel versante sonoro, dove spicca uno sforzo a livello di produzione notevole impreziosito dalla presenza di ospiti del calibro di Tormento, Davide Shorty, Serena Brancale, Clementino e Sissi.
Abbiamo contattato l’artista facendoci raccontare qualcosa in più sul disco e sul suo difficile momento di silenzio, non risparmiandoci una riflessione su un genere sempre più un auge ma che si sta pian piano popolando di “impostori”.
Arnaldo, verso la fine del 2019 hai deciso di prenderti un momento di riflessione. Cosa è successo nello specifico?
Questo momento di silenzio è arrivato prima della pandemia, in realtà poco prima; appena conclusasi la mia esperienza nella fase finale di Sanremo Giovani mi sono voluto prendere un momento per me. Ho avuto la forza di fermarmi e di dire “No, fammi un attimo scendere dalla macchina e fammi fare una passeggiata in un bosco”.
La mia testa ha avuto bisogno di questo: sono stato a lungo da solo a pensare a cosa volessi dalla musica e cosa la musica volesse da me, ero arrivato al limite, non stavo più godendo dei rapporti della mia vita privata, in famiglia, in amore; ero solo settato sul lavoro e quando è così non va bene anche perché le cose fondamentali non sono solo musica e lavoro ma tutte le altre. Adesso la musica viene dopo il mio benessere, prima invece pensavo solo a quella ed era come una fissazione, come una malattia. Adesso sono riuscito a farla diventare un piacere. Ho preferito quindi mettermi a posto con la testa, con lo spirito, con l’anima per poi fare quello che so fare meglio ma che va fatto quando stai bene: io infatti non sono di quelle persone che dice che la musica sia la cosa più bella della propria vita ed è la cosa che lo fa stare meglio al mondo: se sto bene la musica è la cosa che mi fa stare meglio al mondo, se sto male invece neanche suono.
E in tal senso la pandemia che impatto ha avuto sulla tua vita? Ti ha bloccato da un punto di vista artistico oppure sei riuscito a creare qualcosa?
La pandemia ha rallentato il mio percorso personale ma non è stato in realtà neanche un male, mi ha costretto a fare un lavoro interiore più lungo e più introspettivo, mi ha portato ad avere una visione più completa e a stare meglio. Da un lato mi ha portato tanto lavoro a scuola a Roma (Saint Louis, Accademia Romana, Officine Pasolini), musicalmente ho studiato tanto, mi sono concentrato su “Alchimia“: le cose le avevo scritte, è stato quindi solo un lavoro di mix-master. Nel complesso ho fatto anche tanta ginnastica, attività che fa bene anche alla testa.
Solitamente quando capitano momenti come quello che hai passato tu, il disco che viene alla luce successivamente è molto incentrato sull’artista, fondamentalmente senza ospiti. “Alchimia” è invece pieno di feat, a cosa è stata dovuta questa scelta?
È stata dovuta al fatto che, essendo stato molto solo, essendomi fatto un mio viaggio e un mio percorso in solitudine, ho capito anche che è brutto stare da soli, o troppo tempo da soli: il senso della vita è amare qualcuno ed essere amati, per questo ho voluto circondarmi di persone che amassero e rispettassero quello che faccio, sia a livello di team che di ospiti: ho voluto fare questo ritorno con gli amici, con la squadra: quando si fa squadra e si fa numero si è più forti e più interessanti in generale, il valore aggiunto che hanno dato i ragazzi a questo EP è meraviglioso. Anche perché ad oggi ho ricevuto davvero tantissime critiche positive, forse mai come con questo disco.
Credo che questo sia dovuto anche alla enorme qualità presente nell’EP, se vogliamo rapportata a quella di una “scena” attualmente in una fase strana: proprio durante la tua assenza infatti in Italia è fiorito un movimento che vuoi o non vuoi rimanda al soul, all’R&B e al Jazz. Alcuni, molti dei quali presenti nel tuo lavoro, sono validissimi capostipiti; altri, permettimi il termine, sembrano esclusivamente degli impostori che palesemente stanno intraprendendo questa strada solo per seguire il trend. Tu che sei uno dei monumenti del genere, che fai questa cosa da tempi non sospetti, come vedi questo fatto?
Da un lato sono contento quando vedo il talento, e dall’altro un po’ mi innervosisco quando vedo persone che non lo sanno fare. Io avendo letteralmente mangiato questo genere, studiandolo anche a Berklee, quando mi accorgo che ci sono artisti che proprio non ci sguazzano ma lo fanno comunque e lo chiamano anche r&b-soul mi stranisco. Ma neanche ci penso, non ci penso più a queste cose, faccio il mio e vado avanti: lo dico anche in “Flash”: “A guardare troppo gli altri ti fa sentire soli“, il senso di questo EP è fondamentale perché racchiude queste paturnie e pensieri che ho sempre avuto ma che ora non più.
Tornando al disco, una delle tracce più entusiasmanti è certamente “Affogo“, seguita da un Outro particolare dove sembri quasi tu l’ospite della traccia, principalmente eseguita da Sissi e Clementino. Com’è nata questa idea?
Si tratta di un altro elemento della diversa mentalità con cui ho voluto approcciare questo EP: ho voluto fare un passo indietro; anche come persona, ho imparato a fare i passi indietro che non avevo mai fatto, e vivo meglio, si vive meglio in generale, avere la forza di riuscire a farli è fondamentale. L’Outro era nato solo con il ritornello, poi ci è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di farlo diventare un pezzo, ho scritto le strofe e ho pensato subito a Sissi e Clementino, loro ci hanno lavorato e quando abbiamo sentito il risultato siamo impazziti. Di fatto è un pezzo completo, abbiamo mantenuto la dicitura Outro nonostante il brano duri tre minuti, questo ci ha divertiti molto.
Per salutarci, due album che ti hanno accompagnato durante la lavorazione di “Alchimia“?
Ti direi certamente “Circle” di Mac Miller e “Operation: Doomsday” di MF Doom