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RecensioniSanremo

Festival di Sanremo 2022: le nostre pagelle

È arrivato il momento delle pagelle di Sanremo.

Il settantaduesimo Festival della Canzone Italiana, il terzo consecutivo condotto da Amadeus, col pubblico in carne ossa che finalmente applaude, fischia e si agita, è stato in realtà piuttosto deludente per quanto riguarda la qualità delle canzoni. Qualche punta di diamante, un paio di pezzi interessanti, per il resto poco altro.

Ce lo dimenticheremo la prossima settimana. Ciò che resterà, ancor prima del festival, sarà probabilmente l’onda anomala del Fantasanremo che ha travolto gli artisti in gara: ed ecco che, in un tripudio di nonsense e goliardia, tra un “Papalina” e un saluto a zia Mara, i cantanti si sono sfidati a chi facesse più punti all’interno del gioco di scommesse nato l’anno scorso, ma divenuto un fenomeno pop solo quest’anno.

Ma ora bando alle ciance. Cominciamo.

Achille Lauro – Domenica

Ci sono figure, nel mondo della musica italiana, la cui esistenza è ormai scandita dal Festival di Sanremo. Achille Lauro è alla sua quarta presenza, la terza come concorrente. “Domenica”, cantata insieme al coro dell’Harlem Gospel Choir, suona come “Rolls Royce”, ma senza quel fattore di scandalo che aveva traumatizzato noi benpensanti. Sa tutto di già visto. Il pezzo in sé è comunque orecchiabile.
Voto: 6.5

Aka 7even – Perfetta Così

Aka 7even, classe 2000, arriva da Sanremo Giovani. Su “Perfetta Così”, in realtà, c’è poco da dire: canzone pop piuttosto anonima, il classico canovaccio sanremese che punta tutto sul ritornello, che risulta essere poco coinvolgente per l’ascoltatore. Infierire non è utile né costruttivo. Diamogli tempo.
Voto: 5.5

Ana Mena – Duecentomila ore

Ana Mena è la cantante che non ci meritiamo e di cui, a dirla tutta, nemmeno abbiamo bisogno. “Duecentomila ore” è un’opera di rara bruttezza, la soundtrack di una serata in spiaggia in cui mentre balli ti sloghi la caviglia. Ora vado ad ascoltarmi i Cannibal Corpse per compensare.
Voto: 3

Dargen D’Amico – Dove Si Balla

Fermi tutti, abbiamo il brano che sentiremo a rotazione in tutte le stazioni radiofoniche italiane per i prossimi millenni. Dargen D’Amico è un po’ come quel vicino di casa che tiene la musica altissima e, nonostante tutto, gli vuoi bene lo stesso. “Dove Si Balla” è così ruffiana che già al primo ascolto ti si pianta in testa. D’altro canto, il rischio di questa canzone è proprio quello di oltrepassare il limite di sopportazione molto in fretta. Per adesso, ce la facciamo andare più che bene.
Voto: 7

Ditonellapiaga e Donatella Rettore – Chimica

Che cosa unisce una emergente (ma mica tanto) come Ditonellapiaga e una veterana di lunga data come Donatella Rettore? La risposta è scontata: la chimica. I gesti, il linguaggio del corpo, la comunicazione non verbale, la musica. “Chimica” è canzone godibilissima, singolare, un po’ stramba, quasi goffa, e per questo intrigante. E Ditonellapiaga sul palco è incredibile.
Voto: 8

Elisa – O Forse Sei Tu

Qual è il ruolo di Elisa in questo Festival, dopo vent’anni di assenza? Quello di farci capire che si tratta di una fuoriclasse indiscussa, tecnicamente senza uguali. Verrebbe quasi da dire che, se Sanremo fosse basato unicamente sulla capacità canore, avremmo già una vincitrice assoluta. Aggiungi che “O Forse Sei Tu” ti prende per mano e ti incanta fino all’ultimo secondo. Elisa è generazionale, e forse il suo unico limite è proprio questo. Il mondo è cambiato, lei no. Elisa continua a fare Elisa. Noi saremo pronti ad apprezzarla come vent’anni fa?
Voto: 7.5

Emma – Ogni Volta È Così

È vero, Emma. Ogni volta è così. Ogni volta che porti una canzone nuova a Sanremo è così: parti piano, è tutto un salire, poi esplodi in un concitato quanto struggente ritornello, poi ti calmi, seconda strofa, secondo ritornello struggente, poi è finito il tempo, tanti saluti e grazie. Ogni volta è così.
Voto: 4

Fabrizio Moro – Sei tu

In quale categoria classificare Fabrizio Moro? Io propongo quella dei coatti tormentati. “Sei tu” è uno dei pezzi più dimenticabili tra quelli in gara all’Ariston. Fabrizio Moro mette la quinta sulla sua espressività da cantautore romano di periferia (altra categoria che gli calza a pennello). Insomma, nulla di nuovo sotto al sole. Derivativo (di se stesso).
Voto: 5

Gianni Morandi – Apri tutte le porte

Dopo molti anni, anche Gianni Morandi torna all’Ariston, questa volta con un pezzo scritto da Jovanotti. A Morandi non si può che voler bene. Sui social è un fenomeno pop anche per chi non ha mai ascoltato la sua musica. Premessa doverosa questa per dire non c’è niente di personale: “Apri tutte le porte” sembra la sigla di un cartone animato su Italia 1 della domenica mattina. Ecco, l’ho detto.
Voto: 5.5

Giovanni Truppi – Tuo padre, mia madre, Lucia

Giovanni Truppi si candida ad essere l’outsider di questa settantaduesima edizione. “Tuo padre, mia madre, Lucia” ha un bel testo e un sapore retro, che richiama a una forma di cantautorato molto “teatrale” praticata da Giorgio Gaber negli anni 70. Non che voglia scomodare il Signor G, anzi: le somiglianze si fermano qui. La melodia, purtroppo, non è all’altezza del testo. Giovanni Truppi vincerà qualche premio dalla critica, ma probabilmente è il massimo a cui può ambire.
Voto: 6

Giusy Ferreri – Miele

Che cosa si ricorda di Giusy Ferreri, a parte il timbro di voce molto particolare? Poco altro, per il resto ogni volta che parte con uno di quei pezzi in salsa reggaeton tu stai già fuggendo fino in capo al mondo per evitare di soffrire. “Miele” prova a virare verso lidi più intimi, ma con Giusy Ferreri i margini di ecletticità sono parecchio limitati. Insomma, anche qui abbiamo a che fare con una canzone parecchio brutta. Non siamo ai livelli di Ana Mena, ma quasi.
Voto: 4

Highsnob e Hu – Abbi cura di te

Colpevolmente, non conosco Highsnob e Hu, quindi mi asterrò dal dare giudizi “forti”. “Abbi cura di te”, calata in un’atmosfera in stile chill lounge, è una canzone molto lenta, che cresce con gli ascolti. Le voci dei cantanti si incastrano in un dialogo di botta e risposta, fino a sovrapporsi in un bel ritornello. Interessanti e da approfondire.
Voto: 6.5

Irama – Ovunque Sarai

Irama, il ritorno. Dopo l’amaro in bocca del quarto posto nella scorsa edizione, Irama ritenta il colpo, forte di un consenso di pubblico non indifferente che, in genere, lo lancia sempre ai vertici della classifica. Purtroppo, coerentemente con la mediocrità generale di questa edizione, la ballatona melensa “Ovunque sarai” non tiene testa alla ben più truzza e danzereccia “la genesi del tuo colore”. Occasione mancata.
Voto: 5

Iva Zanicchi – Voglio Amarti

Mostro sacro della musica italiana, pilastro fondamentale e imperituro, Iva Zanicchi quest’anno assurge al ruolo di Orietta Berti più cattiva, più rock. Presenza scenica, professionalità, simpatia. Tutto incredibile. Manca solo la canzone. Peccato.
Voto: 5

Le Vibrazioni – Tantissimo

Impossibile, per chi è nato negli anni ’90, non amare Le Vibrazioni. Una band che si è fatta portavoce di un rock genuino e fresco. Ecco, in questa settantaduesima edizione del Festival mi sono trovato ad ascoltare una canzone oltremodo cacofonica, suonata da dei cosplayer della band di Francesco Sarcina & Co. Avessero dedicato questa a Giulia, da quel ponte sul Naviglio Pavese lei si sarebbe senz’altro buttata.
Voto: 2

Mahmood e Blanco – Brividi

Mahmood e Blanco erano i favoriti alla vittoria di questo Festival di Sanremo ancora prima di esibirsi. E quando l’hanno fatto, si sono dimostrati all’altezza delle (elevatissime) aspettative del pubblico. Mahmood fa Mahmood, canta il ritornello in falsetto e fa venire i brividi mentre dice “brividi”. Blanco, invece, mostra il suo lato più intimista, tenendo a bada la sua furia da animale in gabbia in favore di un lato molto più romantico. L’intesa tra i due è palpabile. Tra i migliori di questa edizione.
Voto: 8

Massimo Ranieri – Lettera al di là del mare

Il Festival di Sanremo – si sa – è un evento molto democristiano: all in generazionale, largo a qualche giovane e rappresentanza delle vecchie glorie. Di queste ultime, si attendeva la performance di mr Ugola d’Oro Massimo Ranieri, che con “Lettera al di là del mare” ci ha regalato la classica sanremata impolverata, con quelle vocali allungate all’eccesso e quel pathos inutilmente sfarzoso. Non benissimo.
Voto: 5.5

Matteo Romano – Virale

Interessante fenomeno sociologico, quello di Matteo Romano. Un influencer, un tiktoker, che arriva a calcare il palco dell’Ariston. Aria un po’ impacciata, visibilmente emozionato, con “Virale”, dal suo incedere leggero e orecchiabile, si dimostra essere più interessante di circa la metà dei cantanti in gara. E questo la dice lunga sulla qualità complessiva delle canzoni proposte.
Voto: 6

Michele Bravi – Inverno dei fiori

Seconda partecipazione per Michele Bravi, che in questa sede decide di condurci in un dedalo intricato di esistenzialismo, proponendoci un pezzo che purtroppo non decolla. Ma tutto quello che ho detto non ha importanza: Michele Bravi sarà ricordato soprattutto per tutti i punti che ha regalato a chi l’aveva scelto nella propria rosa del Fantasanremo. Generoso e altruista.
Voto: 6

Noemi – Ti amo non lo so dire

Dopo aver portato nella scorsa edizione un pezzo dirompente come “Glicine”, Noemi rientra nei ranghi e ci fa ascoltare una canzone scritta niente meno che da Mahmood. La sua interpretazione in “Ti amo non lo so dire” ha comunque qualcosa che non va, come se questo tipo di brano, così verboso, così veloce, non calzasse in pieno col suo stile. Sufficiente, ma nulla di più.
Voto: 6

La Rappresentante di Lista – Ciao ciao

Seconda partecipazione per la band di Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina. Questa volta il duo attacca col funk di “Ciao ciao”, una canzone interamente sorretta da un basso super gommoso che ci porta ad inevitabili parallelismi con gli Chic. Il pezzo è comunque molto fresco, catchy, squisitamente pop. Il testo è brutalmente banale, quasi nonsense (“con le gambe, con il culo, coi miei occhi ciao ciao”). Una delle punte di diamante di questa edizione.
Voto: 8

Rkomi – Insuperabile

Lo sentite anche voi? Si chiama Rkomi, è un tamarro e sa di esserlo. “Insuperabile” è così spudoratamente truzza che quasi viene voglia di stringergli la mano. Be’, che c’è? Lo hanno criticato un po’ tutti, alla prima serata l’esibizione non è stata eccelsa, ma questa canzone finirà dritto in radio, a 180 mila giri su una coupé.
Voto: 7

Sangiovanni – Farfalle

Su Sangiovanni il discorso è analogo a quanto già detto con Rkomi. Esibizione non eccezionale, criticato da più direzioni, snobbato dall’intellighenzia (ammesso che esista) dei cultori della vera e buona musica. Eppure “Farfalle” è un pezzo radiofonico e con un ritornello azzeccato, che diventerà un tormentone da cui non ne usciremo mai più. Viva l’estate, anche se è solo febbraio.
Farfalle: 6.5

Tananai – Sesso occasionale

Che bello, un giovane strafottente che non avverte l’ansia dell’Ariston e ci canta un pezzo di rottura rispetto alla solita minestra riscaldata sanremese. È questo il commento che avrei voluto scrivere su Tananai. Poi ho ascoltato “Sesso occasionale” e mi sono accorto che la rottura effettivamente c’è, anche se non è quella che avevo pensato.
Voto: 4

Yuman – Ora e qui

Povero Yuman, relegato in fondo alla classifica. Questo ragazzo, che viene da Sanremo Giovani, non è piaciuto praticamente nessuno. All’Ariston ha cantato un pezzo un po’ soul e un po’ R&B, con un ritornello che – vuoi o non vuoi – un po’ in testa ti rimane. Speriamo che recuperi qualche posizione nei prossimi giorni.
Voto: 6.5

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