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Sanremo 2025: le impressioni dopo gli ascolti dei giornalisti

Carlo Conti

Il primo dado è tratto. Nella giornata odierna, all’interno degli iconici studi RAI al momento allestiti per ospitare Affari Tuoi, si è svolto uno dei rituali più importanti del Festival di Sanremo 2025: gli ascolti riservati ai giornalisti. Si tratta di un momento sacro, in quanto per la prima volta viene aperta la scatola della rassegna svelandone il senso, la direzione intrapresa, le potenzialità.

Si tratta di una palese arma a doppio taglio, sia chiaro. La fruizione one shot di 30 (trenta) canzoni di seguito può certamente indicare una strada, ma dall’altro lato anche provocare alcuni abbagli clamorosi, sia in positivo che in negativo. Spesso si è gridato al miracolo con canzoni buone ma poi non ottime una volte arrivate sul palco dell’Ariston, altre volte si è tacciato come autentiche monnezze pezzi invece rivelatisi clamorosi. Dietro queste defaillance c’è un po’ di tutto: dal timore reverenziale a rapporti stretti con i diretti interessati, da convinzioni personali difficili da sradicare alla volontà irrefrenabile di essere a tutti costi stronzo o agnellino. La verità, non lo scopriamo certamente noi, sta nel mezzo. Per cui nel raccogliere le first impression della stampa è doveroso lavorare di cesello per ottenere una quadra fedele a quella che sarà effettivamente la gara.

A volte nel mondo della formazione enologica si usa svolgere delle degustazioni teoriche, chiamate Dry Tasting. Il Prof di turno indica il nome di una ipotetica etichetta (es. Riesling, 2019) e l’aspirante Sommelier, in base alle sue conoscenze pregresse, deve descrivere che tipo di prodotto si aspetta, partendo dal colore, passando per i sentori e infine per la degustazione. Un processo simile a quello che abbiamo fatto dopo l’annuncio del cast, oggi ampliato da una serie di informazioni che, in realtà, spostano di poco – se non di pochissimo – quello già ampiamente intuito in precedenza. Di fatto l’unica componente nuova emersa dai pre-ascolti sta nel numero superiore di ballate rispetto allo scorso anno. Il resto è una storia già predetta utilizzando la sola logica.

Facendo un sunto delle fonti, la grande indiziata per la vittoria dovrebbe essere Giorgia (La cura per me), specie per una seconda sezione particolarmente virtuosistica che potrebbe fare ribaltare l’Ariston. Il pezzo non vivrà quindi dei corridoi stretti e della poca manovra d’azione della (diciamolo) deludente Parole dette male, ma permetterà alla nostra di volare con la voce, colpendo dritta al cuore. Il suo posizionamento è particolarmente perfetto, considerato un target multidirezionale capace di prendere sia la Gen Z (c’è Blanco in scrittura e Michelangelo in produzione) che i più stempiati. Attenzione però, nessuno dei media sta gridando al capolavoro (anzi non sono mancati anche dei freddi 6 in pagella), quindi chi si aspetta una Marzo oppure una nuova Gocce di memoria rimarrà molto deluso. La resa dal vivo, con tutta probabilità, farà la differenza.

Da quanto si percepisce sembra andare fortissimo anche Olly (Balorda nostalgia), e anche questo non stupisce. Si parla di un artista facente parte del roster di Marta Donà (vincitrice negli ultimi anni prima con i Maneskin, poi con Mengoni, quindi con Angelina Mango) con un riscontro sempre più alto in termini di streaming e derivati che potrebbe incidere con un passaggio tutt’altro che trascendentale ma funzionale per radio e piattaforme. Quotazioni al rialzo poi per Achille Lauro (Incoscienti giovani), il quale porterà una ballad a questo punto probabilmente (per lui) superiore ad Amore disperato, ma anche per Noemi (Blanco e Mahmood autori per lei in Se t’innamori muori) che, però, al momento sta ricevendo un’accoglienza stranamente divisiva.

Le aspettative alte frenano in parte la rincorsa di Elodie (Dimenticarsi alle 7) che sembra non abbandonare (contrariamente a quanto ipotizzato) le vibes disco per una canzone a tinte malinconiche dotata di un inciso all’italiana. Plebiscito di 7 poi per i due cantautori Brunori Sas (L’albero delle noci), che canterà del cambiamento esistenziale dell’essere padre, e Lucio Corsi (Volevo essere un duro), ovviamente pronto a sfornare un pezzo dalle colorature anni 60 per non fare disdegnare i fan che già lo conoscevano e per assicurarsene di nuovi. Apprezzato anche su larga scala Willie Peyote (Grazie ma no grazie), il quale si cimenterà in un pezzo ironico e d’attualità alla Willie Peyote (noi speriamo in altri roast, come fatto nella sua scorsa partecipazione).

Lo spot sorpresa potrebbe andare a Joan Thiele (Eco), esponente chiamata a tenere alta la bandiera (finalmente) dell’R&B, al quartetto Shablo, Guè, Tormento & Joshua (La mia parola) che con tutta probabilità faranno il loro dando vita a un rap stiloso e autentico, ma anche a Serena Brancale (Anema e Core), pronta a fare centro con una traccia che è un sunto del sound con cui ha conquistato Tik-Tok Italia (e occhio alla serata della cover dove potrebbe sfoggiare un lato vocale pazzesco e sconosciuto ai più).

Simone Cristicchi (Quando sarai piccola) sarà la quota La Rondine di questa edizione. Il cantautore, il più quotato dalla stampa, canterà una dedica alla madre trattando un tema delicato come l’anzianità nella sua fase più dolce, infantile e drammatica. Già sentiamo i fazzoletti che si apriranno durante le performance e i fischi del pubblico quando il romano non si piazzerà tra i primi tre, magari finendo quarto (come spesso capita a pezzi del genere). Usato sicuro e terra di mezzo per il resto della truppa, che dovrà giocarsela bene per incidere: Clara (Febbre) e Rose Villain (Fuorilegge) cavalcano la wave e seguono il tran tran del 2024, a cui si aggiunge anche Sarah Toscano (Amarcord). Emis Killa (Demoni) pare essere the new Fred De Palma e prenota l’ultima piazza. Mentre i The Kolors (Tu con chi fai l’amore) faranno esattamente ciò che ci si aspetta da loro, così come le ballad firmate Francesca Michelin (Fango in paradiso) e di un Francesco Gabbani (Viva la vita) lontano dalle vette di Buttalo via.

Difficile captare invece le impressioni del duo Celebrity Death Match. Fedez (Battito) parlerà di depressione servendosi di un’atmosfera molto dark presa sottogamba da tanti e capita da pochi. Tony Effe (Damme na’ mano) con un arpeggio super pop (e super paraculo) renderà omaggio alla sua città (e a Franco Califano) facendo passare per rincoglionito chi lo considerava un elemento pericoloso per l’edizione. Tormentone assicurato per la socia di Sesso e Samba Gaia (Chiamo io chiami tu con parola ripetuta x10 Sinceramente style), sicuramente anche per i Coma_Cose (Cuoricini) meno introspettivi e più leggeri, e per Rkomi (Il ritmo delle cose). Poteva infine Irama (Lentamente) non fare la 4000000 ballata della sua 400000 partecipazione affidandosi stavolta alle liriche (ancora) di Blanco? Ma eccoci qua, tassa servita, così come i Modà (Non ti dimentico), momento emozionale per alcuni, pausa pipì per altri.

Segnaliamo anche un Rocco Hunt (Mille volte ancora) in No Journo buono edition e due quote vintage ben acchittate, complice una Marcella “quota MemeBella (Pelle diamante) e Massimo Ranieri (Tra le mani un cuore) giudicato in grande spolvero. Non si è capita – o forse si è persa nel marasma – la proposta di Bresh (La tana del granchio).

La musica liquida, imperante nel nostro sistema ormai da un decennio, ha provocato uno svilente effetto plateau, abbattutosi anche nel Festival della Canzone italiana, germogliando in particolar modo durante la gestione Amadeus, connotata da tanti pezzi carini ma (quasi) nessuno veramente forte. Tendenza che sembra ripetersi non poco anche in questa edizione che, a quanto pare, non fa altro che raccogliere proprio il modus operandi di Ama, ereditandone anche i difetti. Urge una riforma; e lo diciamo alla cieca, o quasi.

Dall’11 al 16 febbraio arriva Festi-vàl. Sanremo 2025 seguito dal 17° arrondissement. Rubrica quotidiana su Noisecloud.it

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