Festi-vàl, Ep.1: Simone Cristicchi come Barbara Pravi
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L’aeroporto di Beauvais Tillè ha delle similitudini con quello d’Oltremanica di Stansted Mountfitchet. Entrambi sono il punto di riferimento per il mercato low cost, entrambi sono collocati a nord della capitale, con un transfer via bus che, non a caso, si insedia proprio nel versante nord della città. A differenza dell’hangar britannico però il terzo aeroporto parigino, se così si può chiamare, si presenta come un curioso incrocio tra il Raffaello Sanzio di Ancona-Falconara ed il Vincenzo Florio di Trapani. L’eccellenza francese si esprime sicuramente in altro.
I locali della Rue Championnet sono pieni fin da prima dell’ora di cena. Tutti, stipati in luoghi sempre piccolissimi come tradizione vuole, sono incollati allo schermo. Gioca il PSG, in un derby contro il Brest vinto chiaramente in scioltezza dagli uomini di Luis Enriquez per 0-3. Quando Carlo Conti apre la prima serata di Sanremo 2025, l’attenzione nel XVIII Arrondissement si sposta sull’incredibile match tra Manchester City-Real Madrid, oltre che su ogni tipo di bevanda alcolica possibile.
La smart TV trovata con sorpresa nell’appartamento di tale Nicolàs consente una visione delle clip sanremesi superiore alle aspettative, con una qualità che solo un apparecchio di ultima generazione può dare. Tuttavia ci si esalta per pochi. La fruizione in modalità carrellata fa emergere chi ha davvero personalità, chi non ce l’ha e chi, udite udite, fa invece finta di averla. Inutile dire che l’effetto mediano, temuto in queste pagine fin dall’annuncio del cast, si è palesato in modo forse più virulento delle aspettative.
La cosa più importante è che sembra confermato l’effetto Voilà di Barbara Pravi per Simone Cristicchi. Ma nonostante le corde toccate con un testo tagliato con l’accetta per creare empatia, al pezzo sulla lunga distanza potrebbe mancare qualcosa qualcosa, forse proprio la melodia, quella quadrata, quella appoggiata, quella che si prende tutto. Le chance per andare lontano restano comunque immutate. La favoritissima Giorgia fa esattamente quello che doveva fare nel 2023, ovvero portare un brano che fosse, Dio santissimo, alla sua altezza. Non è Marzo, non è Gocce di Memoria e facendo un esempio recente non è neanche Diamanti, ma visto l’andazzo, potrebbe bastare.
Dando uno sguardo ai pre-ascolti stupiscono i voti alti dati dalla stampa specializzata verso Olly, a cui manca la componente trasversale al netto di un target (pre) adolescenziale che comunque può incidere. Al contrario strano che in pochi si siano accorti del banger clamoroso sfornato dai The Kolors, forse la hit migliore della loro carriera. Bella poi la semplicità disarmante di Brunori, l’eleganza di puro status di Achille Lauro, il carisma contagioso di Serena Brancale, la fragilità di Fedez, la raffinatezza di Joan Thiele, l’inno alla debolezza di Lucio Corsi e la Disco-chic un po’ retronamane, un po’ malinconica (e grazie per il tributo ad Anyma) di Elodie, che quest’anno pare non essere capita del tutto.
Tutti gli altri – ad eccezione forse dei carini Gaia, Rocco Hunt, Rkomi e Coma_Cose – gravitano nella linea del meh: da Willie Peyote pontificatore a Sara Toscano che si muove sulle stesse vibes della Emma dell’ultimo periodo (occhio al potenziale Guilty Pleasure), da un Tony Effe che sembra Alessandro Gassman che interpreta Califano ad una Rose Villain che fa il reprise di Click! Boom, passando per una Noemi a cui manca sempre l’ultimo passaggio prima del tiro in porta, per una Clara che punta all’usato sicuro, per una Michelin che torna sempre indietro, per un Irama che canta sempre a bocca chiusa, per la premiata ditta Shablo-Tormento-Guè-Joshua che perdono l’occasione più ghiotta del rap italiano su queste latitudini.
Da queste parti si dice: Tout bois n’est pas bon à faire flèche. La metà di 29 bastava e avanzava. Ci sentiamo domani.