Durmast e il suo viaggio in solitaria
Davide Donati, in arte Durmast, è un producer elettronico marchigiano, classe 1988. Nel 2018 pubblica il suo primo ep Village, seguito l’anno successivo da Cesano. Noi di NoiseCloud lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo ultimo album Alone. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Come nasce Durmast? Raccontalo a chi ancora non ti conosce.
Il nome Durmast nasce ufficialmente nel 2017/2018 con il mio primo album, anche se in realtà ho iniziato ad immergermi nel mondo dell’elettronica nel 2008, in seguito ad un incidente che mi ha impossibilitato a suonare la batteria per diversi mesi. Una volta ripreso ho continuato a portare in parallelo le due cose.
Di cosa parla il tuo ultimo album, Alone?
Di un viaggio intrapreso in solitaria, passando per immaginari meravigliosamente belli ma a volte inquietanti, cercando di lasciarsi andare ma al tempo stesso cercando di mantenere il controllo. Fantasia applicata alla realtà, spazio e tempo distorti, un vero e proprio viaggio mentale con riferimenti tangibili in scenari immaginari.
Ti piacerebbe usare la tua musica come colonna sonora di qualche film o serie TV? Se sì, con quale regista ti piacerebbe lavorare?
Mi piacerebbe moltissimo e fortunatamente è già successo con Mappe Criminali, docuserie andata in onda nella primavera del 2021 per TV8 e condotta da Daniele Piervincenzi, dove hanno scelto diversi miei brani da utilizzare come colonna sonora. Se potessi avere l’opportunità mi piacerebbe provare a creare qualcosa ad hoc per un film o una serie tv. Per quanto riguarda i registi italiani mi piacerebbe collaborare con Matteo Garrone, se proprio dovessi sognare in grande invece con Christopher Nolan.
Utilizzi sintetizzatori hardware, software o entrambi? Fai uso di campionature?
Uso di tutto e di più, qualsiasi cosa mi suoni bene e mi soddisfi senza troppe limitazioni. Ho diversi synth e drum machine analogiche e software, perchè limitarsi?
Uso campionature di tutti i tipi, mi capita a volte di campionare suoni che registro durante qualche viaggio.
Non sono mai stato un purista nella musica, la musica è emozione, qualsiasi cosa faccia venire la pelle d’oca è ben accetta senza troppe discriminazioni.
Da dove parti per produrre la tua musica?
Non ho una regola, a volte da un bel suono, a volte da un riff, a volte da una drum, a volte da un campione. Nonostante la mia musica risulti spesso “schematica” non utilizzo mai uno schema preciso, mi piace sperimentare il più possibile.
Quando ti vengono le idee migliori?
Non credo che ci sia un momento preciso, cerco di farmi trasportare da quello che provo ed incanalare quelle sensazioni in musica. Lo studio aiuta moltissimo perché ha quell’atmosfera unica che sembra di stare in una dimensione parallela alla realtà.
Un festival nel quale non hai ancora suonato, ma in cui vorresti suonare assolutamente?
Il roBot di Bologna (per cominciare).
Dove ti vedi tra cinque anni?
Sempre nel mio studio a comporre, a cercare nuovi stimoli, influenze ed esperienze.
La pandemia ha avuto influenze sulla tua musica?
All’inizio ho sfruttato la cosa per concentrarmi sulla musica, ma col passare del tempo ha influito negativamente sugli stimoli e sulle idee non avendo più la normalità a cui ero abituato, e man mano saliva una sensazione di irrequietezza. Spero che torni tutto alla normalità il prima possibile.
Una cosa che tutti dovrebbero sapere di te.
Odio mettere la sveglia con orari che finiscono con 0 e 5.