Jake Bugg: Saturday Night, Sunday Morning
Data di uscita: 20 agosto 2021
Etichetta: Sony Music
A 27 anni Jake Bugg è già arrivato al quinto disco in studio. Con “Saturday Night, Sunday Morning” il cantautore britannico riesce a creare un minestrone di diversi generi musicali, senza però trovare l’amalgama giusta e senza avere quel piglio di grinta e genialità che si era ascoltato nell’esordio del 2012. Ciò non sta a significare che il lavoro appena dato alle stampe sia brutto, ma dà il sentore che il giovane di Nottingham stia affrontando una lenta parabola discendente dalla quale non riesce a risalire.
L’apertura “All I Need” è un blues-gospel molto carino, sperimentazione interessante che però non riesce a trovare seguito nei 10 brani successivi. Con “Kiss Like The Sun” si torna al blues degli esordi, quasi 3 minuti trascinanti ed energici. I problemi iniziano con la terza traccia, “About Last Night”, brano pop alla The Weeknd piuttosto dimenticabile che poteva essere lasciato benissimo in un eventuale bonus cd. Giunti alla quarta traccia si risale la china, con “Downtown” che è una bellissima ballad piano e voce che ci riporta ai R.E.M. più in forma. Con “Lost” c’è spazio addirittura per una dance alla Noel Gallagher’s High Flying Birds, mentre in “Lonely Hours” ci possiamo immergere in 2 minuti e mezzo di pop-punk che resta impresso già dopo il secondo ascolto. Nella seconda parte del disco, gli episodi migliori sono quando Jake rallenta i ritmi, in maniera compassata e minimale (“Scene”, che prende a piene mani dai Beatles, e la conclusiva “Hold Tight”, nella quale non avrebbe sfigurato la voce del boss Springsteen), mentre quando accelera evidenzia carenza di stimoli e idee (forse anche a causa di una produzione non proprio ad alti livelli).
Complessivamente è comunque un lavoro che si lascia ascoltare. Piazza qua e là ogni tanto degli episodi validi, alternati a pezzi dimenticabili che già domani mattina non ricorderemo più. L’esordio omonimo aveva fatto credere di aver trovato un nuovo idolo del rock’n’roll inglese come accaduto con Miles Kane. Dopo quasi 10 anni di carriera possiamo dire che questo non è accaduto ed è un peccato, perché le premesse e le idee c’erano tutte.