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RecensioniRetrospettive

R.E.M.: Out Of Time, 30 anni fa (1991)

Data di uscita: 12 aprile 1991
Etichetta: Warner Bros Records

Inutile girarci intorno, se si dice R.E.M. si dice “Losing My Religion”. Prima di “Out Of Time”, caposaldo della loro discografia, la band capitanata da Michael Stipe aveva già pubblicato 6 album in studio, ottenendo ottimi successi di critica e vendite senza però fare il classico “botto” a livello commerciale. Ebbene, 30 anni fa, con “Out Of Time”, è arrivata la svolta che ha decisamente cambiato la carriera del gruppo di Athens.

Il già citato singolo “Losing My Religion”, che anticipò l’uscita del disco due mesi prima, arrivò subito in testa alle classifiche di vendita degli Stati Uniti, facendo così aumentare l’interesse per il pubblico verso il disco che sarebbe stato pubblicato di lì a poco. Altro super singolo fu “Shiny Happy People”, uscito a maggio ed arrivato al numero 3 in Irlanda e 2 negli Stati Uniti. Entrambi i primi singoli sono un bel mix di pop e rock, con melodie radio-friendly e riff indimenticabili che hanno senza dubbio aiutato i R.E.M. a scalare le classifiche di vendite e di gradimento. “Radio Song”, primo brano del disco, è stato anche l’ultimo singolo ad essere pubblicato. Apertura perfetta, pieno stile R.E.M., con la voce e la grinta della parte ritmica che spadroneggiano per tutti e 4 i minuti. “Half A World Away” è una meravigliosa ballad folk, soft e minimale che anticipa in un certo senso quello che sarà il contenuto del disco successivo, “Automatic For The People”, uscito solo un anno e mezzo dopo. “Near Wild Heaven”, tra gli episodi più riusciti, riprende il tema di “Losing My Religion”, per poco più di 3 minuti di grandissimo pop. “Texarkana” è inspiegabilmente uno dei brani meno ascoltati del disco su Spotify ma è uno dei migliori pezzi del disco. Leggerissimo rock’n’roll, così come la conclusiva “Me In Honey”, meravigliosa chiusura di un disco che ha letteralmente fatto storia nel mondo del pop-rock statunitense e mondiale.

Il disco ha guadagnato ben 5 dischi d’oro e addirittura 10 dischi di platino (tra cui l’Italia con più di 300.000 copie vendute), con la posizione numero 1 raggiunta in 7 paesi che firmano la vera e propria consacrazione a livello mondiale di una band che da lì continuerà per un altro ventennio circa senza perdere un colpo. Per quanto riguarda il mondo dello streaming, estremamente attuale, “Losing My Religion” ha raggiunto i 700 milioni di riproduzioni, mentre “Shiny Happy People” è dietro con 170 milioni.

Un album che chiunque deve possedere, in vinile, audiocassetta, cd, remastered, deluxe edition, poco importa. Ciò che importa è poterlo inserire nel proprio stereo e godere di questi tre quarti d’ora di Stipe & soci.

Nel 2011 la band ha deciso di dire addio alle scene, facendo un gesto che dopo 40 anni di carriera in pochi sono riusciti a fare. Se manca quella chimica, se mancano nuove idee è giusto dirsi addio lasciandosi alle spalle una carriera memorabile, piuttosto che continuare all’infinito sfornando mediocrità. Bravi.

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