Alfredo Cadenelli: Musica da Bere per la “musica del futuro”
Proponiamo di seguito la nostra intervista ad Alfredo Cadenelli, presidente dell’Associazione Culturale “Il Graffio”, promotrice ogni anno del contest Musica da Bere, concorso per musicisti emergenti organizzato nel piccolo paese di Vobarno in Provincia di Brescia. Abbiamo parlato un po’ di tutto: dal ruolo dei piccoli festival musicali nell’Italia del 2022, fino a domandarci quale sia il profilo di un artista emergente oggi. Ah, dimenticavo, e pure dei Camillas che scherzano sulle occhiaie di Alberto Ferrari dei Verdena.
Buon divertimento.
Ciao Alfredo, presentati ai lettori di NoiseCloud.
Ciao NoiseCloud, molto piacere, mi chiamo Alfredo e sono parte del direttivo di Musica da Bere, concorso per musicisti emergenti che taglia quest’anno il traguardo della 13ª edizione.
Descrivici in poche parole l’Associazione Culturale “Il Graffio”.
Il Graffio, associazione culturale che promuove e organizza Musica da Bere, è essenzialmente un gruppo di amici, nato nei primissimi anni 2000 in un paese della Provincia di Brescia, Vobarno, come redazione di un giornalino “di carta” che si chiamava, appunto, Il Graffio.
Per presentare le uscite del giornale organizzavamo concerti e, credo nel 2009, ci è venuta l’idea di un concorso musicale per artisti emergenti.
Nell’idea embrionale del progetto, i live si sarebbero dovuti svolgere nei bar del nostro paese: scartata l’ipotesi di chiamarlo Festival Bar, – che suonava un po’ già sentito – abbiamo optato per Musica da Bere.
Qual è stata l’idea dietro la creazione del contest Musica da Bere? Che cosa cercate negli artisti emergenti che vi partecipano?
L’idea era – ed è tutt’oggi – quella di costruire un format che potesse valorizzare la musica emergente, spesso marginalizzata se non del tutto esclusa dai circuiti live “classici”.
Nei musicisti che selezioniamo per le finali di Musica da Bere cerchiamo originalità nella proposta musicale, personalità e una certa urgenza espressiva, che ritengo sia un prerequisito fondamentale per dare poi concretezza e solidità ad un progetto artistico.
Secondo te, come è cambiata la realtà dei musicisti emergenti dal 2010 (anno in cui è nata Musica da Bere) ad oggi?
Nell’ultimo decennio credo siano cambiate soprattutto alcune forme della musica emergente.
Il modello della band, che una decina d’anni fa era ancora un approdo quasi naturale per chi decideva di fare musica, ha lasciato spazio a un maggior numero di progetti solisti.
Certamente questa tendenza è legata a filo doppio con la nascita dei social network e con lo sviluppo di auto-produzioni DIY sempre più curate, che spostano il momento creativo dalla sala prove alla cameretta – non di rado, oggi, più equipaggiata della saletta di un gruppo di inizio millennio.
Poi, si fanno meno live, per tanti motivi solo in parte dipendenti dalla volontà degli artisti, e questo dal mio punto di vista è un vero peccato.
Qual è il ruolo di un’associazione come la vostra in questi tempi?
Il nostro obiettivo principale è quello di promuovere progetti musicali emergenti che riteniamo artisticamente validi e quindi meritevoli di essere sostenuti e incoraggiati.
Al pubblico che partecipa alle serate finali diamo l’opportunità di scoprire dei progetti musicali ancora poco noti ma che noi crediamo abbiano le carte in regola per diventare la nuova “musica del futuro”.
Come ha influito la recente emergenza sanitaria su un’attività come la vostra?
La musica dal vivo e, più in generale, il settore delle attività artistiche e culturali sono stati uno tra i più penalizzati dall’emergenza sanitaria.
Ho riscontrato però anche tantissima dignità, professionalità e senso di responsabilità in molti operatori del settore musicale che, nel più rigoroso rispetto delle regole, hanno fatto il possibile per organizzare concerti, piccoli festival, occasioni di incontro anche durante le scorse estati.
Noi, nel nostro piccolo, siamo riusciti a non interrompere il concorso e organizzare le serate finali sempre “in presenza”, grazie alla fondamentale collaborazione di Luca Borsetti e dei ragazzi di Spazio Polaresco che ci hanno ospitato per due anni nel loro magnifico parco e sul loro bel palco in quel di Bergamo.
Quali sono le opportunità turistiche e di promozione territoriale legate al contest Musica da Bere?
Le serate finali di Musica da Bere mobilitano davvero tante persone: non solo il pubblico, ma anche artisti, ospiti, giurati provenienti da tutta Italia, che soggiornano – alcuni per la prima volta – nella città che ospita le finali del premio. Inoltre, al posto della classica coppa, ai finalisti e agli ospiti delle serate live consegniamo una bottiglia di vino delle cantine che ci sostengono: dell’amarone pluripremiato di Trabucchi d’Illasi e un rosé dei Fratelli Trevisani.
Il nostro festival, come molti altri che torneranno a svolgersi quest’estate, è anche un’occasione concreta per far conoscere il nostro territorio, promuovendo occasioni culturali e di aggregazione che lo rendano sempre più vivo, interessante ed attraente.
Per chiudere, raccontaci un aneddoto divertente legato al tuo lavoro di questi anni.
Le cose veramente divertenti non si possono raccontare…
Tra le ospitate più esilaranti certamente quella degli Extraliscio, che ci hanno invitati tutti sul palco, insieme a Maria Antonietta e Colombre, a cantare una specie di “coro dei pompieri”. Indimenticabili Mirko e Vittorio, i Camillas, che presentano la decima edizione di Musica da Bere alla Latteria Molloly, intervistano Edda, strappano un sorriso a Alberto dei Verdena scherzando sulle sue occhiaie poco prima di introdurlo al pubblico.