The Zen Circus: Cari Fottutissimi Amici
TORNA IL CIRCO ZEN. Accorrete gente, prendete i biglietti e salite sulle giostre! 10 brani, 10 amici che accompagnano Appino, Qqru e Ufo nel cercare di decifrare la giostra della vita. Cari Fottutissimi Amici (prodotto da Woodworm) è il nuovo lavoro, in uscita il 27 maggio, che cerca di analizzare la nostra società, attraversando la quotidianità delle nostre vite e lo scorrere del tempo all’interno di esse. Gli Zen, come sempre, lasciano trapelare loro visione delle cose, senza tralasciare quel tocco di realismo e cinismo che li contraddistingue. Passano dall’essere circensi a giostrai – come affermano nella loro personale presentazione – ma sempre nomadi rimangono. Celebrano l’avanzare dell’età, e lo fanno circondandosi di amici, ma rimanendo fedeli alle loro tonalità ricercate e mai banali, con voglia di sperimentare e cimentarsi in nuovi generi. I suoni vengono arricchiti dai featuring plasmati sulle caratteristiche vocali e sonore dei loro Cari fottutissimi amici. L’album assume la forma di una festa dove gli invitati aiutano “i ragazzi” ad esprimersi al meglio. Il messaggio iniziale è chiaro, ed in 3.28’ assieme a Brunori Sas distruggono il mito creato attorno al concetto di Boomer, ricordandoci con delicatezza che ci siamo passati tutti e che tutti ci dovremo passare. (Video di Stefano Poletti, altamente consigliato).
Il tempo passa, ed è un tema focale; i secondi partecipanti a quella che sembra essere una festa di compleanno sono i Management, spalla perfetta per supportare l’ironia che si cela in “Voglio invecchiare male”. Forse il segreto ce lo dice proprio Appino “io non sto vivendo sto soltanto improvvisando”, staremo a vedere come va a finire. Per “figli della guerra” squilla il telefono, subentrano le basi ed inizia a pestare Qqru, “sembra tutto naturale”. Il Featuring con Speranza aiuta a riversare rabbia ed angoscia su una canzone che di speranza ne lascia ben poca. È il turno di Luca Carboni con “Ragazza di carta”, che duetta per tutto il brano con Appino e la band, offrendoci una riflessione malinconica sulla pericolosità dello scorrere della gente e dei loro occhi impregnati di giudizio. A metà, la traccia che dà il nome al disco, patrocinata da Motta. 11.49 minuti di sincerità e surrealismo, che si inebriano verso una complessità armonica e polistrumentista futurista. Suoni che cascano a pennello con le tonalità già assunte da Francesco Motta nel suo ultimo lavoro, e ben si sposano con la sua filosofia narrativa (vedi “quando guardiamo una rosa” da 3.50’ in poi).
Ecco come mi immagino le montagne russe del giostraio UFO. Da 5.23 godetevi lo spettacolo e metterlo in loop. Grazie.
Emma Nolde sale a bordo discretamente e con lei un ulteriore arrangiamento musicale: intro di fiati a base di sax baritono e tromba, strofa e ritornello perfettamente interpretati dalla giovane conterranea degli Zen. “C’è chi fa yoga, e chi si droga” recita uno dei versi della canzone. La giostra sale e scende, gli autoscontri possono essere divertenti, ma a volte lasciano lividi.
Tocca poi ad Aimone portarci sul tagadà, farci sentire un po’ di brezza nei capelli; i Fask ci trascinano attraverso vette sinuose, ed assieme agli Zen ci fanno conoscere “Jhonny”, capiamo che sarebbe uno di noi, fraglie ed insicuro. Claudio Santamaria ci pone altre domande, e dubbi sulle miserie della società in cui viviamo, senza trovare risposte. 118, il numero d’emergenza per eccellenza, si rivela essere il numero di denuncia verso il disagio e l’indifferenza che ci circondano tra un aperitivo e l’altro.
Si unisce alla festa anche Ditonellapiega che aiuta gli Zen Circus a spruzzare quel tocco di superficialità che ci salverà, e che fino ad ora era del tutto mancato. “Meravigliosa” è l’epilogo parlato dell’album, lo spiraglio di finto ottimismo che trapela, la soluzione? È con questa conclusione che ci salutiamo: “l’amore non esiste quando è un dovere, sono libero soltanto senza il potere”.
Il finale, del tutto strumentale, è affidato a Musica da Cucina: “salut les copains” è un brano introspettivo e mistico; dal titolo enigmatico che si potrebbe rifare ad una trasmissione radiofonica francese degli anni 60 e all’omonima rivista musicale, alla quale sicuramente Ufo era abbonato fino al 2006, anno di chiusura del magazine. E quindi saluti, compagni Zen, grazie per il giro in autoscontro, ce ne usciamo giusto con un paio di lividi, fisici e morali; ma se non li avessimo, vorrebbe dire che non abbiamo colto appieno il messaggio.