Samuele Bersani: Pura Magia all’Auditorium di Roma
In un clima composto e fatto di un’energia magica che quasi sfiora la pelle, l’orchestra si siede e una Cavea gremita di spettatori, in quel dell’Auditorium Parco della Musica, aspetta solo che entri il protagonista per poter accentuare ancor più forte un applauso esemplare già partito all’ingresso dei musicisti.
È con “Mostro” che inizia uno dei live più belli a cui abbiamo assistito nel panorama del cantautorato italiano: quello di Samuele Bersani.
Con alle spalle 36 elementi e dunque accompagnato dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, sotto la direzione del Maestro Pietro Mianiti, con l’orchestrazione di Vittorio Cosma, Bersani trasforma i suoi brani in veri incontri artistici tra linguaggi senz’altro affini ma che rompono del tutto le pareti di un concerto oserei dire “canonico” al quale siamo abituati oggi.
È lui stesso infatti, nella sua leggerezza ed ironia che ci accompagna per tutta la serata, a ricordare al pubblico che questo è un concerto in cui si suona “senza rete”, spiega “siamo abituati di solito a molti strumenti digitali sul palco, a volte finti. Oggi non c’è un appiglio come può essere un metronomo, o un punto di riferimento che comunica in spia (gergo tecnico) ma siamo senza rete e questa è una vera libertà”.
Dopo “Psyco” e “Lo scrutatore non votante” si spezza la voce della Cavea cantando con molta emozione “Spaccacuore”, seguita poi da “Occhiali Rotti” e “Ferragosto”.
“Harakiri” scalda ancora di più una folla molto attenta e veramente educata all’ascolto e ci si prepara ad aprire il cuore dalla prima nota del classico di Bersani “Giudizi Universali”.
“Il tuo ricordo”, su cui percepisco una particolare emozione, precede un brano che è stranamente di attualità, visto che il cantautore di Rimini lo ha scritto nel lontano 2006.
Si continua con “Cattiva” tra siparietti sul palco pieni di genuinità e di un’armonia invidiabile.
C’è spazio anche per le coreografie del pubblico che con delle placche colorate da applicare sulla luce del proprio telefono creano uno scenario altresì suggestivo, pieno di colori, che accoglie “Replay”.
Dopo averci un po’ spiegato il trascorso del brano che seguirà, Samuele Bersani si cimenta in un esercizio di stile qual è “Una delirante poesia”.
È il momento forse più emozionante, o almeno per me molto commovente: parte “En e Xanax”.
Il capolavoro eseguito con l’orchestra è di una bellezza disarmante e credo che Bersani abbia sentito questa emozione scorrere fino al midollo.
Tanto è vero l’entusiasmo che si lascia andare e scende dal palco per incitare la folla direttamente dal parterre.
È un momento magico su cui si può solo che continuare a battere le mani e concedere la standing-ovation.
Dopo “Pescatore di asterischi” ci si abbandona a ritmi più ballerecci sulla complicata “Coccodrilli”.
Bersani ringrazia, esce ma torna subito, non dà dunque l’idea di un bis (che arriverà dopo) ma di voler continuare a nutrirsi senza pause di quella magia.
Così “Barcarola Albanese” ci accarezza un po’ la coscienza con la malinconia, pensando a tutto ciò che abbiamo visto negli ultimi mesi.
“Pixel” invece ci riporta nella dimensione che deve prepararci al gran finale.
Ed è con “Chicco e Spillo” che la scaletta si chiude, apparentemente, tra un pubblico in delirio.
Si, perchè gli applausi sono così forti, così emozionanti e così affamati di bellezza che Samuele Bersani ci regala una seconda versione di “En e Xanax” ma stavolta il pubblico non resiste e ci si butta tutti sotto al palco per continuare fino all’ultimo secondo ad esaltare un cantautore dal genio raro, emozionante e gentile, che con un cenno di commozione abbandona il palco e ci lasca li, a far sedimentare uno dei momenti più belli mai vissuti.
Grazie.